LO SPIRITO SANTO: MAESTRO INTERIORE


Fin dalla seconda metà dell’800 era consuetudine rappresentare papa Gregorio Magno con una colomba posata sulla spalla che gli parlava all’orecchio. Il Medioevo, che ammirava i suoi scritti come le melodie “gregoriane”, era convinto ch’egli fosse vissuto in permanente ascolto dello Spirito Santo e avesse scritto sotto la dettatura dello stesso Spirito, così la sua iconografia perpetua tale graziosa leggenda, che probabilmente risale a una vita di S. Gregorio scritta da un oscuro monaco anglosassone del convento di Whitby verso il 713, dove per la prima volta si parla dell’apparizione della colomba al santo, intento a scrivere il “Commento a Ezechiele”. In seguito essa venne diffusa dalla biografia del papa, scritta da Paolo Diacono nella seconda metà del 700. Ci è sembrato opportuno riportare tali notizie, anche perché si possa meglio comprendere ed apprezzare la pregevole statua marmorea di S. Gregorio Magno, scolpita nella prima metà del 1700 da Giovanni Bonazza, che si venera nella nostra chiesa parrocchiale. A questo punto non possiamo però omettere un principio fondamentale di Gregorio: “Non è assolutamente possibile penetrare il senso della Parola di Dio senza la sua sapienza; chi non riceve il suo Spirito non può in alcun modo conoscere la sua Parola”. Nell'omelia, tenuta il giorno di Pentecoste del 591 nella basilica di San Pietro, precisò: “Se lo Spirito Santo non è presente nel cuore di chi ascolta, vana è la parola di chi insegna”. Nel “Commento al I libro dei Re” egli fa notare che lo Spirito Santo guida di preferenza chi umilmente si affida a lui: “Lo Spirito Santo agisce secondo il suo stile, quando innalza alle virtù più sublimi i poveri, i semplici e gli umili”. E ci può essere chi, pur non conoscendo perfettamente i precetti della legge divina, vive nella carità amando Dio e il prossimo, e rendendo così manifesta nella sua vita l’opposizione che esiste tra un amore insegnato e appreso a parole ed un amore vissuto interiormente e manifestato nelle opere. Gregorio cercò nella Bibbia i fondamenti di una sapienza cristiana che non fosse smentita, ma verificata dall'esperienza. Dopo aver osservato che un conto è avere una qualche conoscenza di Dio, altro è gustare nel profondo del cuore ciò che di lui ci è dato conoscere, affermò: “le parole profondamente radicate nella sapienza sono quelle che si rinvigoriscono con l’esperienza di un coerente stile di vita”. Per Gregorio la Scrittura “cresce con chi la legge”. “Come il mondo, la Scrittura non è creata una volta per tutte: lo Spirito la “crea” ancora, si può dire, ogni giorno, via via che la “apre”. Per una meravigliosa corrispondenza egli la “dilata” nella misura in cui dilata l'intelligenza di colui che l'accoglie”. Sembra che anche a ciascuno di noi Gregorio dica: “La Parola di Dio crescerà insieme a te, perchè dalla Parola di Dio ricaverai profitto nella misura in cui tu stesso progredirai in essa…”. A questa idea che la Parola “cresce” e con essa chi la legge e la Chiesa intera, il Concilio ha dedicato una particolare attenzione: “E' con la forza del Vangelo che lo Spirito Santo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo”. Ancora una volta dobbiamo pensare che Gregorio è stato anticipatore del Concilio. La gradualità è una legge alla quale egli si richiamò spesso. Dio si abbassa per elevarci, ma non ci eleva tutto d'un colpo, bensì gradualmente, adattandosi alla lentezza del nostro passo. Infatti nella Parola di Dio “oggi riusciamo a comprendere ciò che ieri non conoscevamo, domani riusciremo a comprendere ciò che ancora non conosciamo, perché Dio nel suo amore ha disposto che veniamo nutriti giorno per giorno: ogni giorno egli ci porge il pane della sua parola, basta che apriamo la bocca per accoglierlo”. Dio si è abbassato per elevarci e la Scrittura non ci innalza se non abbassandosi al nostro umile linguaggio. “La parola di Dio si proporziona alla nostra debolezza; come uno che parla al suo piccino e, per farsi capire, si adatta a balbettare come lui...”, è questo uno spunto a dir poco felice che, nella sua semplicità, fa davvero tenerezza. Con quest'altra riflessione assai acuta Gregorio fa osservare la gradualità con cui il Signore si rivela dopo la risurrezione: “Dapprima alle donne, che lo cercavano nel sepolcro, inviò degli angeli; in seguito, apparve in persona ai discepoli che lungo la via parlavano di lui, ma senza darsi a conoscere; soltanto dopo una lunga conversazione si fece conoscere nell'atto di spezzare il pane; finalmente, entrando nel cenacolo, non solo si fece riconoscere ma anche toccare ....Non tutto d'un colpo, quindi, ma attraverso un crescendo graduale di fatti e di parole, un passo dopo l'altro, siamo guidati verso l'eternità”. Così nella vita spirituale nessuno raggiunge la vetta d’un colpo, e se vuol raggiungere il massimo deve cominciare dal minimo, procedendo passo passo; per cui c'è sempre un inizio, un progresso e la perfezione.




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