Nunzio a Costantinopoli
Nel 579, circa un anno dopo, papa Pelagio II pensò di affidare a Gregorio una delicata missione diplomatica
e lo inviò a Costantinopoli come apocrisario (cioè nunzio) presso l'imperatore al fine di trattare e di ottenere aiuti per Roma.
Dall'austerità del monastero Gregorio passò al fasto della corte bizantina,
da Roma quasi deserta ad una città animatissima di corse e di giuochi all'ippodromo; ma non risulta ch’egli
abbia mai subito il fascino della fastosità e dello splendore mondano.
Come nunzio del Sommo Pontefice gli era stata assegnata una residenza sontuosa accanto al palazzo imperiale, ma Gregorio
con “molti fratelli” che l'avevano seguito vi creò un clima ed uno stile di vita monastico continuando a dedicarsi
alla meditazione della Parola di Dio e alla vita contemplativa come nel suo monastero di Sant'Andrea al Celio.
Alla corte imperiale Gregorio incontrò Leandro, futuro vescovo di Siviglia, e strinse con lui una grande amicizia evidenziata
dalla fitta corrispondenza epistolare, che durò tutta la vita. Leandro entrò subito a far parte della comunità monastica di Gregorio
e fu il primo a chiedergli di leggere e commentare il libro di Giobbe.
La missione diplomatica (durata poco più di sei anni), come tutta a sua attività intesa come servizio,
assumeva, alla luce della Parola di Dio, una dimensione profetica, nel senso che Gregorio giudicava tutto alla
luce di questa parola e diceva agli uomini soltanto ciò che insieme ai fratelli ascoltava da Dio, anche attraverso
gli avvenimenti della storia.
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