PAPA MISSIONARIO


Gregorio, a ragione, si può considerare, il primo Papa missionario; basta pensare all'impresa più audace da lui pensata e attuata: l'evangelizzazione della lontana Britannia, considerata allora un angolo sperduto della terra. Inviò colà un gruppo di monaci del suo monastero del Celio, i quali, superate le prime gravi ed inevitabili difficoltà, ottennero un enorme successo, tanto che nella notte di Natale del 597 più di diecimila Anglosassoni furono battezzati. Il cuore di Gregorio si abbandonò alla gioia più schietta nel vedere “le estremità del mondo convertirsi all'amore di Dio” e, con intuito profetico, egli vide nei barbari i popoli che venivano da lontano e chiedevano d'essere accolti nella nuova Gerusalemme che è la Chiesa. Gregorio però è aperto ad ogni novità della storia, anzi pensa che la Chiesa debba assumerla come una ricchezza a lei destinata, ovviamente sempre nella fedeltà al Vangelo e nella docilità allo Spirito. Per questo, con un criterio che conferma la sua larghezza di vedute e il senso dell'essenziale, in vista dell'unità che consente e rispetta le diversità, scrisse a Giovanni, vescovo di Siracusa: “... se la Chiesa di Costantinopoli, o qualsiasi altra Chiesa, nella sua tradizione possiede qualcosa di buono, mentre sono contrario ad ogni cosa illecita, sono invece disposto ad imparare da chiunque, fosse pure inferiore a me. Infatti sarebbe sciocco chi, ritenendosi il primo nel bene, non volesse imparare le cose buone che vede”. Egli sapeva benissimo che una vera trasformazione, una vera conversione di interi popoli, non può ottenersi con la violenza né dall'oggi al domani, e che essa è innanzi tutto opera di Dio che solo può creare un cuore nuovo nell'uomo. Sostenne quindi il principio nettamente cattolico che si debbano accogliere, nei limiti del lecito, gli usi tradizionali dei diversi popoli cercando, invece di eliminarli, di riempirli di spirito cristiano. Con tale atteggiamento di profondo rispetto per le tradizioni culturali degli Anglosassoni, Gregorio diede istruzioni al vescovo Agostino, fondatore della cattedrale di Canterbury, attraverso una lettera del 18 luglio 601, indirizzata all'abate Mellito: “Digli (al vescovo Agostino) che ho riflettuto a lungo sulla situazione religiosa degli Anglosassoni e sono giunto a queste conclusioni. Innanzi tutto, non si devono abbattere i templi pagani... bensì gli idoli che in essi si trovano. Si aspergano i templi con acqua benedetta e si costruiscano in essi degli altari nei quali si depongano delle reliquie, perché se i templi sono stati costruiti bene, conviene sottrarli al culto idolatrico e dedicarli al vero Dio; così le popolazioni, vedendo che i loro templi non sono stati distrutti, liberandosi dall'errore riconosceranno e adoreranno il vero Dio accorrendo in massa nel luoghi in cui erano soliti raccogliersi”. Le feste poi non devono essere abolite, ma trasformate da feste pagane in liturgie cristiane, curando gli aspetti esteriori e cercando di dare un significato religioso ai banchetti tradizionali. “Non dovranno più immolare (come erano soliti fare) buoi ai demoni, ma li uccidano pure per loro cibo, a lode di Dio e ringrazino della loro sazietà il donatore di tutte le cose”. E conclude con profonda finezza psicologica: “… più facilmente arriveranno a godere gioie interiori se è riservata loro anche qualche gioia esteriore”. Il modo in cui Gregorio guidò i passi dei missionari, da lui inviati in un mondo ancora pagano, rivela intuizioni geniali che sembrano anticipare il “Decreto sull'attività missionaria della Chiesa” del Concilio Vaticano II, con il quale si auspica tra l’altro che “… le nuove Chiese particolari, conservando tutta la bellezza delle loro tradizioni, abbiano il proprio posto nella comunione ecclesiale”. Tale atteggiamento si ritrova in vari messaggi di Paolo VI ed in particolar modo in tutta l’azione pastorale di Giovanni Paolo II. Anche la decisione del Concilio di celebrare i santi misteri e i sacramenti nella lingua viva e corrente di ciascun popolo ha, come si può ben capire, una grandissima importanza teologica e storica.




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